martedì 18 dicembre 2012

Gurdjieff, il ballo di piazza e la terza età


Ieri sera sono andato alle danze occitane.
Andare alle danze occitane mi piace perché puoi stringere le mani delle tardone. È una cosa un po' come schiacciare le palline d'aria degli imballaggi di plastica, solo che le mani delle tardone invece delle bolle d'aria hanno le vene varicose. A me piace schiacciare le vene varicose. Mi rilassa. Non scoppiettano, ma non importa; sono un ragazzo semplice e mi accontento di piccole cose.
Ma andiamo con ordine che adesso vi spiego tutto.

Se non mi hanno raccontato le bugie ogni primo mercoledì del mese in una piazza di Torino si raduna la gente a ballare queste danze occitane. Io lo sapevo da un po' che c'erano, ma non c'ero mai andato perché mai più pensavo ci fossero da schiacciare vene varicose. Ieri sera erano in piazza Carlo Alberto e dei miei amici mi fanno:”vieni, dai, su, vieni, dai, su”. Va ben. C'erano tipo trecento persone. Giuro. Avevo paura arrivassero i persiani a farci il culo, ma poi no. Uno mi ha chiesto se era un flash-mob. Per dire.
Per me, da quel che ho capito, le danze occitane cominciano che c'è uno che urla delle cose che non capisco. Urla forte, ha una bandana in testa e i tatuaggi sulle braccia. Quando uno che urla forte ha i tatuaggi e la bandana, allora arriva la ghironda. La ghironda è tipo un carillon che morde i diti. Ma grosso eh. Allora quello con la ghironda, che è premuroso, tira fuori il bottiglione di vino e arriva anche il fisarmonicista che quello non vede l'ora di bere, che suonare la fisa è proprio un lavoro infame, che la puzza di nostalgia ti si attacca addosso e bon, quella manco col lavaggio lungo a cento gradi la togli da dosso. Un violinista se si accorge che due strimpellano e c'ha il violino dietro, non vede l'ora di tirarlo fuori e far vedere che sa suonarlo. E quindi bon, ormai è fatta: uno col tamburo lo trovi sempre e via che si parte.

All'inizio ci sono solo gli afecionados che trottolano sul selciato come i cani che cercano di mordersi la coda. Poi però partono i cerchi che sono tipo l'attività politica: se passi di lì per caso ti tirano dentro e non ne esci prima di aver sudato via tutta l'anima e stretto la mano a gente che le salamandre sono meno viscide.
Io, per esempio, ero lì che aspettavo i miei amici in ritardo quando mi arriva una ragazza carina che mi fa “vuoi ballare?”. Io ragazza carina non è che volessi proprio ballare, ma se me lo chiedi con quelle belle mani tutte lisce e senza vene varicose attaccate sul fondo di quelle braccia abbronzate che si infilano proprio nelle spalline del vestito blu, va ben. Che poi si viene a scoprire che mi ha chiamato perché anche lei fa lettere e filosofia e mi aveva già visto; quindi, ragazza carina di lettere e filosofia che mi hai insegnato come si faceva a ballare, se mai dovessi leggere questa cosa, sappi che io di solito non ballo e che ho accettato solo perché non mi era mai successo che una ragazza carina mi invitasse a ballare e mi sono sentito allo stesso tempo un po' lusingato e un po' come quando entri per la prima volta nel bagno di una casa che non conosci e non sai bene dov'è la luce e hai paura di muoverti male che cadono tutti i profumi e poi sbagli mira e ti tocca pulire con la carta igienica che rimane sempre tutta appiccicata e fai più pasticcio di prima.
Il problema però, ragazza carina, è che nel cerchio la dama ti si sfila subito dalle braccia e passa a quello davanti e ti arriva tra le braccia un'altra dama che poi ancora se ne va, trallalero trallallà.
E io avevo pronte un sacco di domande per far conversazione, che secondo me attaccava, tipo: “ma dov'è poi st'Occitania che su googlemap non mi compare mica e non vorrei fosse una di quelle cose tipo la Padania o il Tibet, oppure una di quelle cagate che alla fine si scopre che l'Occitania in fondo è dentro ognuno di noi, basta saper cercare nel proprio cuore. Non è così, vero ragazza che svolazzi sempre più in là, cavaliere dopo cavaliere, e scompari nell'indefinita coltre di spilungone e gente con la barba?”. Non lo saprò mai.
Ma torniamo al punto: i cerchi.
I cerchi funzionano che la gente si mette in cerchio. Poi ci si dà la mano. Importante: bisogna essere disposti in modo che ci siano sempre alternatamente un uomo, una donna e una tardona. Quando la musica parte si sta fermi e si guarda gli altri. Individuato un anziano coi sandali, si comincia immediatamente a registrane le mosse. Non appena il movimento delle gambe vi parrà chiaro, sbagliatelo. L'errore di gambe scatena l'errore di passo che è la scaturigine prima della collisione con il vicino, la quale sfocia nella risata liberatoria che termina con la reciproca ammissione colpevole di non avere idea di cosa cazzo si stia facendo. Questa, se ho ben compreso, è la figura base del ballo occitano, alla quale, con la pratica e l'esperienza, si possono aggiungere delle varianti: lo scalcia-e-scappa, il dondola-i-gomiti-come-un-pollo, il non-ti-curar-di-loro-ma-balla-e-passa, il ti-prego-guarda-quello-che-si-muove-come-una-piovra e infine lo sgambetto-involontario-con-effetto-domino.
Ad ascella pezzata, ci si può prendere una pausa. Lì c'è sempre una fontanella circondata da gente che ha sete. Quando bevi a una fontana pubblica hai due scelte: sbrodolarti tutto o non dissetarti. Se ti sbrodoli tutto e hai la barba sarebbe carino tu facessi il sanbernardo, schizzando la gente intorno. Non è che devi, ma è questione di cortesia. Poi la gente ti indica e bisbiglia: “Guarda quello con la barba che non ci schizza neppure” e fa di no con la testa.
Poi ci sono i balli a coppie e quelli a quattro e quelli che corri un po' senza capire bene.

Ma non vi dico di più, che vi consiglio di andarci poi e vedere e sudare e saltellare. Anche se non vi piacciono le tardone, davvero, andateci, tanto loro non si offendono: danzano - tonde - in tondo, ineffabili sufi rugosi, confettoni di fondotinta e tulle, dolci babbà di simpatia intinti nella musica ubriacante. Vecchie.



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