venerdì 25 gennaio 2013

"El Baiano"


Lo chiamavano “El Baiano”.
Lo chiamavano così.
Non c'è un motivo, no: non veniva da Bahia, non era il suo cognome.
Lo chiamavano “El Baiano” e lui girava di dieci gradi la testa in direzione della voce, senza staccare lo sguardo dalle tette della cameriera. Solitamente era il postino, un uomo olivastro, grasso e sudato che ogni qual volta finiva una frase si asciugava i baffi setolosi con un grosso fazzolettone liso, forse un tempo bianco; entrava nel bar, gli faceva passare una lettera da sopra la spalla e se ne andava. Immancabilmente la lettera finiva, senza essere degnata della minima attenzione, nella spazzatura di fianco al bancone.
Che tipo, questo El Baiano.
Più raramente era il garzone del meccanico di Calle Cienfuegos a venirlo a chiamare: un ragazzetto malinconico in canottiera da basket e pantaloncini azzurri. In tal caso El Baiano alzava lo sguardo fino ad incrociare quello di Mariuchi – la cameriera – e inclinava la testa fin quasi a toccare la spalla, socchiudendo gli occhi, come a dire: “scusa Mariuchi, torno subito”, poi, facendo perno su un solo piede dello sgabello, ruotava di mezzo giro e porgeva la mano crepata all'adolescente che gli consegnava una strisciolina di carta con degli strani ghirigori a matita. La spiava con occhi attenti, annuendo meccanicamente, le labbra serrate, poi la accartocciava e se la metteva in bocca; mentre masticava, faceva scivolare una banconota di piccolo taglio nella tasca sdrucita del garzone, infine lo congedava con due leggere pacche sulla nuca date in rapida successione. Al termine del rituale, ruotava nuovamente di mezzo giro sullo sgabello e tornava a fissare con zelo le tette di Mariuchi.
Quel mattino, il bar era semi-deserto; i campesinos avevano già ripreso il loro lento zappare, le mami coi fazzoletti in testa frantumavano serie e vigorose la tapioca, i militari passeggiavano per la via principale sfoggiando le loro collane di proiettili. Solo i vecchi cigolavano pochi insulti, tra una mano e l'altra, nella penombra afosa del terrazzino di foglie di palma.
D'un tratto risuonò sulle pareti di calce viva del locale una voce virile, mangiata dal sigaro.
“El Baiano!”
L'uomo s'alzò di scatto e fece cadere lo sgabello. Guardò Mariuchi: la cameriera era immobile, stringeva un bicchiere sporco con entrambe le mani, lo sguardo terrorizzato.
“El Baiano, hombre!” tuonò di nuovo la voce “Perchè non rispondi alle mie lettere?”.
Si girò con calma, pensando “finalmente ci siamo, finalmente...”.
La morte era di fronte a lui, alta nera, vestita d'ossa. Un cigarro cubano incorniciato dall'ombra del sombrero ardeva furioso.
El Baiano rimase a fissare, per cinque secondi che parvero un lustro, quel viso che non c'era.
Avete capito, questo El Baiano? Si trova la morte di fronte e non scappa, resta fermo e la guarda in faccia!
Poi, in cinque secondi che sembrarono un fotogramma, con un balzo da puma le fu addosso e le piantò un coltello a farfalla secco secco nell'addome.
TLACK!
“Perché non so leggere”, disse.
La morte rise. Rise fragorosamente, roca. Il sigaro le cadde dalle gengive rapprese.
A quel punto successe qualcosa d'inatteso: quello spettro schifoso fece due passi in dietro, chinò leggermente il capo e se ne andò, lasciando una scia di sangue nero che puzzava di brodo di pollo e aglio rancido.
Quando fu fuori, afferrò un vecchio di quelli che giocavano a carte e lo inghiottì in un boccone, prima di allontanarsi in direzione del deserto.
Gli altri vegliardi, i pantaloni pieni di piscio, gettarono sul tavolo le carte e presero a recitare il rosario, tremanti come cani presi a calci.
Allora El Baiano si asciugò la fronte con la camicia, si girò verso Mariuchi e la guardò, prima nelle tette, poi negli occhi.
Lei annuì.
Lui fece tre passi verso il bancone, si frugò in tasca e gettò sul pianale di legno umido e segnato tre smeraldi grossi come noci.
“Per saldare il debito...”, bofonchiò.
“È troppo”, rispose Mariuchi scuotendo la testa, gli occhi remotamente tristi.
“Con il resto, comprati un vestito. Con i fiori”
“Che fiori?”
“Viole”.
Accidenti che tipo, anche con le donne!
Fatto sta che mezz'ora dopo El Baiano era in Calle Cienfuegos, nel cortile del meccanico. Sembrava non esserci nessuno in casa. Raccolse un sasso da terra. Lo gettò contro una finestra. Aspettò.
Diversi minuti dopo il garzone malinconico spalancò le imposte, guardò giù assonnato e strabuzzò gli occhi.
“El Baiano? Moreno sta dormendo e...”
“Sveglialo”.
Il ragazzetto si strinse nelle spalle da passerotto e venne ringhiottito dalla finestra.
Si sentì un rumore metallico di pentole, poi delle bestemmie irripetibili, infine lo schiocco di uno scapaccione.
Il sole cadeva diritto come un piombino nel cortile di Calle Cienfuegos quando la piccola porta di smalto azzurro scricchiolò in fuori. Ne uscì rotolando un formidabile bacarozzo di più d'un quintale, vestito con una canottiera sdrucita e gialla e un paio di bermuda color cachi.
“Buenos dias, Moreno”, disse cordialmente El Baiano, “dormito bene?”.
Il meccanico, gesticolando nervoso con le sottili zampette, spalancò le tenaglie e rispose gioviale: “Come un morto, hombre. Come un morto”.
Rimasero un poco a fissarsi, nella luce surreale del mezzodì.
Poi le antenne della blatta vibrarono intensamente, come bacchette da rabdomante. Un bagliore bianco disegnò - fulmineo - il contorno tondo della sua testa traslucida e sudata.
“L'hai uccisa, vero? Hai ucciso quella cagnabastardaneratroia?”.
El Baiano sputò per terra, in direzione del deserto.
Allora, come in preda agli spiriti del Candomble, il meccanico improvvisò una danza disarticolata, facendo ronzare le ali sottili di carta di riso e palleggiandosi quel grosso corpicione ovale da una zampa all'altra. Era indubbiamente uno spettacolo singolare: neanche El Baiano osò interromperlo.
Quando ebbe finito, esausto, cadde sul dorso convesso.
Penò non poco a rimettersi in piedi, ma rifiutò con fermezza la mano tesa del compare.
“Voglio il mio Aguaplano” disse infine l'uomo, non appena il suo meccanico di fiducia fu di nuovo in posizione verticale. Il buon Moreno assunse un'espressione seria e professionale, indicò un capannone fatiscente alla sua destra e disse: “È come nuovo amigo: l'ho tirato così lustro che sembra il dorso di un capidoglio. Vai a darci un'occhiata!”.
El Baiano non volava da nove anni, ma il suo decollo fu perfetto.
Quando fu in cielo, tritò tre angeli tra le lame dell'elica, sorvolò la Bahia de Ballenas e spense il sole con uno sputo, per vedere prima il tramonto.
“Ora che è morta”, pensò dietro alla fronte impassibile, “ora che è morta, ho tutto il tempo che voglio. Tutto il tempo per volare, e per raccontare”.



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dilla